È considerato uno dei capolavori dell’arte orafa italiana. Ed è il simbolo di Lucignano, borgo dell’aretino. Parliamo dell’Albero d’oro. 100 anni furono rubate alcune sue parti ed oggi grazie ad una segnalazione della sindaca di Lucignano e al Nucleo carabinieri per tutela dei beni culturali sono state ritrovate. Si tratta di quattro placche in rame dorato e argento smaltato, e 16 ex voto in argento, un tempo collocati sulla base. Al colossale e fiabesco reliquario si uniscono così alcuni elementi dati per perduti e ora svelati all’Opificio delle Pietre Dure di Firenze. Una storia che ci racconta la sindaca di Lucignano, Roberta Casini.

🎧Sindaca Casini

Il rinvenimento di queste nuove parti obbliga dunque ad una revisione della ricomposizione realizzata negli anni Trenta e sarà occasione di un restauro complessivo. L’opera rappresenta il mistico Lignum Vitae ed è 2,7 metri di altezza. Realizzato in rame dorato, argento e smalti, presenta i rami decorati da corallo, cristalli e miniature su pergamena. Destinata alla chiesa di san Francesco a Lucignano l’opera venne iniziata da un ignoto maestro trecentesco nel 1350 e portata a termine nel 1471 dall’orafo senese Gabriello d’Antonio. L’Albero d’oro, nella sua tripartizione morfologica (radici, tronco, chioma), racchiude la metafora della vita di Cristo nelle tre diverse fasi: origine, passione e gloria. Davanti ad esso, per antichissima tradizione, gli abitanti di Lucignano continuano a scambiarsi le promesse di matrimonio, da qui il suo nome più popolare: Albero dell’Amore.